Chissà se è una trovata politica per farsi qualche nuovo alleato fra i cittadini. Chissà se per una tassa che esca dalla porta, non ne rientri un’altra dalla finestra. Chissà.
Fatto sta che il Canone RAI, il mostro dei mostri per tutti quei i cittadini che ancora non ci capacitano di dover pagare per un qualcosa che semplicemente non vedono, potrebbe subire nuove variazioni, se non sparire addirittura del tutto.
Attualmente la stragrande maggioranza dei cittadini in italiani, ivi residenti, non ha alcun modo di sottrarsi dal pagamento del Canone RAI, chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi deve per legge sborsare, nel 2023 novanta euro per un’imposta sulla detenzione dell’apparecchio, questa la spiegazione ufficiale.
Poche e rare le eccezioni. Sono esentati dal pagamento del Canone RAI gli ultra settantacinquenni (purché comunque inviino l’esenzione nei modi e nei termini espressi dall’Agenzia dell’Entrate), di diplomatici e militari stranieri, i contribuenti titolari di un’utenza elettrica per uso domestico residenziale che dichiarino di non avere un qualsiasi apparecchio tv in nessuna delle abitazioni dove è attivata l’utenza elettrica a loro intestata, ma sempre previa dichiarazione sostitutiva.
Tutte comunque esenzioni che hanno un valore annuale, per cui ogni volta bisogna sempre rifare la procedura. C’è chi a quanto pare vorrebbe porre fine a tutto questo.
Tutto in una bozza del ddl
E’ il vulcanico Matteo Salvini, che considera il Canone RAI anacronistico e ingiusto. Il leader della Lega si è spiegato così, in una recente intervista rilasciata all’Adnkronos: “Vogliamo una progressiva riduzione dell’importo del canone Rai”. Si parte così.
“Con un taglio a cadenza annuale del 20 per cento, fino al suo totale azzeramento, e anche la ridefinizione univoca del concetto di servizio pubblico, indispensabile per mantenere e affermare i valori culturali e sociali e difendere, al contempo, le identità locali, pensando anche a un nuovo canale interamente dedicato alla trasmissione di programmi e rubriche di promozione culturale, nel quale non possono essere trasmessi spot”.
Le parole di Salvini saranno trasformate in fatti, o almeno in intenzioni concrete, tramite una bozza del ddl leghista dal titolo ‘Modifiche al testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici in materia di servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, riduzione e abolizione del canone di abbonamento e disciplina della società concessionaria del servizio pubblico, presentato in Senato dal numero uno della Lega.