Il Governo abbandona lo SPID per quest’altra tecnologia: ecco come faremo ora
Cosa faremo degli SPID? Quale sarà il prossimo metodo di sistema pubblico di Identità Digitale? Di certo si cambierà.
La corsa alla digitalizzazione del Paese, la spinta. Lo scoppio della pandemia da Coronavirus, la sua esplosione. Con tanto di applicazione. La storia estremamente sintetizzata del famigerato SPOD, potrebbe essere finita qui. Un lustro importante, perché dal 2018 tutte le pubbliche amministrazioni hanno dovuto aderire al nuovo sistema, o in alternative impronta digitale, il timbro vocale, la retina o l’iride, o altre caratteristiche di riconoscimento biometriche.
L’Identity Provider forniva le credenziali di accesso al sistema (identità digitali) e gestica i processi di autenticazione degli utenti. Il Service Provider gestiva l’autorizzazione tramite il login, erogando oil servizio, l’Attribute Authority forniva tutti quegli attributi che qualificavano gli utenti, finalizzando alla fruizione dei servizi. Funzionava così lo SPID, fino ad oggi. Non sarà poi così, domani.
Mancano due mesi, infatti, alla scadenza di aprile nel quale la nuova governance potrebbe porre definitivamente a uno strumento che negli ultimi otto anni ha contraddistinto qualsiasi relazione fra cittadino e amministrazione comunale creando la celeberrima identità digitale del popolo italiano.
Le convenzioni con i gestori sono scaduto lo scorso 31 dicembre e finora più silenzi assordanti che trattative vere e proprio per i rinnovi. Una situazione quasi suoi generis: perché la digitalizzazione del Paese è una delle nostre priorità, lo SPID ha tutte le caratteristiche per esistere in questo mondo tech, ma non convince.
Presto, che è tardi
Secondo ha confermato l’Agid a La Stampa Agid, il primo incontro tra Francesco Paorici – direttore generale dell’agenzia – e le 11 aziende autorizzate a erogare le credenziali Spid, hanno prodotto una fumata grigia, espressione di uno status quo quasi surreale: clima sereno e disteso, ma non è stato fatto nessun passo in avanti verso i rinnovi.
Sempre secondo la Stampa, due i nodi da sciogliere. Il primo riguarda la richieste degli operatori: più coinvolgimento sul futuro dell’identità digitale e soprattutto più soldi visto che il milione di euro complessivo annuo per il servizio non basta più a fronte dei costi, aumentati. Il secondoè la sicurezza, che attualmente manca, sul futuro dello SPID stesso. Milioni di italiani ce l’hanno e il governo, sottolinea La Repubblica, non può non tenerne conto.
Quegli gli intoppi maggiori, che potrebbero trasformarsi in foschi presagi: la cessazione del servizio entro aprile 2023, termine entro il quale scade la proroga dei contratti. Che sia ancora SPID o qualsiasi altra tecnologia: presto, che è tardi.