La scienza sconvolta sulla scoperta lunare: c’è acqua, ecco dov’è e com’è conservata
Dillo alla luna, può darsi che porti fortuna. Il celebre motivetto di Vasco Rossi sta accompagnando scienziati e NASA, sempre più focalizzati sull’unico satellite naturale nel nostro sistema solare.
NASA è andata online sulla Luna con Artemis III: da un lato il rispetto di quella tabella di marcia che nei prossimi anni porterà la prima donna e la prima persona di colore lassù, dall’altro perfino un contest per far guadagnare un mucchio di soldi a quegli studenti in grado di portare soluzioni innovative per quella polvere lunare che potrebbe causare non pochi problemi durante l’atterraggio. Non solo.
La Luna è oggetto di un enorme quantità di analisi nell’ultimo periodo, sta superando la curiosità per Marte (comunque sempre nei pensieri non solo di Elon Musk e dei suoi simili), l’ultima scoperta potrebbe aprire nuovi orizzonti.
Gli ultimi due decenni di esplorazione lunare hanno visto il rilevamento di notevoli quantità di acqua sulla superficie della Luna. Il punto di partenza di uno studio da parte di un team di ricerca internazionale coordinato dall’Accademia cinese delle scienze e pubblicato da Nature Geoscience, secondo cui ci sarebbe una quantità d’acqua enorme, addirittura fino a circa 270 trilioni di milioni di chilogrammi. Se fosse davvero così sarebbe una scoperta molto importante in quanto in futuro gli astronauti potrebbero estrarre e utilizzare questa risorsa direttamente dalla superficie lunare, per i più disparati scopi.
“È stato proposto che uno strato idratato esista in profondità nei suoli lunari, tamponando un ciclo dell’acqua sulla Luna a livello globale – si legge su Nature Geoscience – tuttavia, un serbatoio deve ancora essere identificato per questo strato idratato. Qui riportiamo l’abbondanza, la composizione degli isotopi dell’idrogeno e le variazioni dell’acqua dal centro al bordo misurate in perle di vetro da impatto estratte dai suoli lunari restituiti dalla missione Chang’e-5”.
Fino a 2,7 × 1014 KG d’acqua
Le perle di vetro a impatto, sempre secondo l’analisi di un team di ricerca internazionale coordinato dall’Accademia cinese delle scienze, preservano le firme di idratazione e mostrano profili di abbondanza d’acqua coerenti con la diffusione verso l’interno dell’acqua derivata dal vento solare.
La modellazione della diffusione stima tempi di diffusione inferiori a 15 anni a una temperatura di 360 K. “Tempi di diffusione così brevi – dicono gli scienziati – suggeriscono un efficiente meccanismo di ricarica dell’acqua che potrebbe sostenere il ciclo dell’acqua della superficie lunare”.
Gli scienziati stimano che la quantità di acqua ospitata possa raggiungere fino a 2,7 × 1014 KG. “Le nostre misurazioni dirette di questo serbatoio superficiale di acqua lunare – concludono – mostrano che le perle di vetro da impatto possono immagazzinare notevoli quantità di acqua derivata dal vento solare sulla Luna e suggeriscono che il vetro da impatto potrebbe essere un serbatoio d’acqua su altri corpi senz’aria”.