Le scoperte del telescopio spaziale Webb iniziano a diventare concrete: le nuove galassie scoperte potrebbero suggerire un altro inizio per l’universo che conosciamo.
“Il cielo è il limite” dicono gli Inglesi per intendere che si può migliorare all’infinito. E, forse, converrebbe girare lo stesso concetto all’esplorazione che l’umanità sta mettendo in atto nel nostro universo, alla ricerca di tracce e suggerimenti verso i tanti misteri che ancora pervadono il cosmo che ci circonda. Le iniziative e gli obiettivi negli anni si sono moltiplicate, fino al lancio del James Webb Space Telescope, lanciato il 25 dicembre del 2021 dopo 10 anni di progetti e lavori.
La potenza del nuovo apparecchio ci permette di esplorare lo spazio a distanze che fino a poco tempo fa erano del tutto proibitive. Così il James Webb ha iniziato a scandagliare i quadranti in cerca di dettagli interessanti per lo studio. Dopo alcuni anni in cui abbiamo ricevuto immagini ben dettagliate di porzioni di cosmo di interesse, ora arrivano i primi studi che potrebbero addirittura mettere in crisi le ipotesi di origine del nostro universo. Il motivo è che sono state individuate alcune galassie, sei per la precisione, collocate in una zona di universo primordiale, quindi molto vicine al Big Bang.
L’origine dell’universo è molto più complicato di quel che crediamo
Le sei galassie sono state osservate a 500-700 milioni di anni dalla nascita dell’universo. Il problema è che queste sembrano essere molto più grandi e massicce di quanto ipotizzato in precedenza, con una massa che è addirittura 100 volte maggiore di quella rilevata dalle teorie scientifiche. Le aspettative erano quelle di incontrare piccole galassie, che hanno avuto poco tempo a disposizione per crescere. Quelle trovate, invece, sembrano essere vecchie come la Via Lattea. Le galassie individuate potrebbero anche non essere tali, per poi rivelarsi buchi neri super massicci oscurati.
Ciò che i ricercatori e gli scienziati non si aspettavano è che l’universo primordiale si riuscisse ad organizzare così velocemente, creando galassie con masse importanti. Ora si dovrà attendere che questi dati vengano validati da altri di supporto in arrivo sempre dal James Webb Space Telescope, captando i raggi X e le onde radio che provengono da queste porzioni di cosmo. Ciò su cui tutti concordano, però, è che questa è solo una minima parte del potenziale che il telescopio ha in serbo.